Butrinto approfondimenti

butrinto approfondimenti

Butrinto – Approfondimenti

eleno

Come narra Andromaca nell’Eneide (II, vv. 328-329) era stato Neottolemo che l’aveva consegnata, prigioniera di guerra e sua concubina, a Eleno, anch’egli ridotto in schiavitù. Questo, a sua volta, aveva poi ricevuto dallo stesso Neottolemo, prima che morisse, parte del regno, la Caonia, per mano di Oreste.

neottolemo

Neottòlemo (detto anche Pirro) dopo la morte del padre Achille, fu convinto da Ulisse a partecipare alla distruzione di Troia: l’oracolo aveva predetto che solo con la presenza di Neottolemo e di Filottete la città sarebbe stata espugnata dai Greci. In guerra si distinse per valore: uccise il re Priamo sull’altare di Apollo, profanandolo, e il dio, sdegnato, lo punì impedendogli per sempre di tornare nella sua terra d’origine, la Tessaglia. Si insediò quindi in Epiro, nel territorio dei Molossi di cui divenne re e capostipite di una dinastia nella quale, nel corso dei secoli, si avvicendarono sovrani che si vantavano di discendere da lui o da Molosso, il figlio avuto da Andromaca.

andromaca

Secondo la Piccola Iliade (poema epico greco andato perduto, facente parte del “ciclo troiano”), Andromaca, vedova dell’eroe troiano Ettore, dopo la caduta della città, toccò in sorte come preda di guerra a Neottolemo al quale partorì un figlio. Secondo la leggenda ripresa da Euripide nella tragedia Andromaca, rappresentata poco dopo il 428 a.C., a malapena riuscì a salvare se stessa e il piccolo Molosso dalla gelosia di Ermione, divenuta nel frattempo legittima moglie di Neottolemo. Nella drammaturgia moderna il mito fu trattato da J. Racine nell’Andromaque (1667), ambientata a Butrinto in una sala del palazzo reale di Neottolemo. Ad esso si ispirarono poi diversi melodrammi e opere musicali (Sacchini, Grètry, Saint-Saens), fra cui l’Andromaca di G. Paisiello (1797).

Ettore e Andromaca su un vaso attico a figure nere (540 a.C.) . Würzburg, Martin von Wagner Museum
Commiato fra Ettore e Andromaca, cratere apulo a figure rosse(IV sec. a.C.). Ruvo di Puglia, Museo nazionale Jatta

augusto

Augusto volle fare di Butrinto una colonia per i veterani che avevano combattuto al fianco di Giulio Cesare contro Pompeo, secondo un progetto dello zio mai realizzato. Con il nuovo di status la città si ampliò e vennero costruiti, o comunque rinnovati, un acquedotto, impianti termali, il foro e un ninfeo monumentale.
Statua dell’imperatore Augusto loricato. Roma, Musei Vaticani

pomponio attico

T. Pomponio Attico (110-32 a.C.), di rango equestre, imprenditore di successo, uomo di grande cultura e generosa munificenza, editore di opere letterarie e autore egli stesso, nonché consigliere di personaggi illustri ed esperto collezionista di opere d’arte, era legato a Cicerone anche da vincoli familiari, dal momento che la sorella Pomponia aveva sposato il fratello di Cicerone, Quinto. Attico fu destinatario di molte delle Lettere (Epistulae, vol. 6) che il celebre politico e intellettuale scrisse e che costituiscono un’opera fondamentale per la conoscenza del mondo latino della tarda repubblica. La sua villa acquistata vicino a Butrinto, nota con il nome di Amalthea, dal nome della capra nutrice di Zeus, comprendeva un piccolo santuario privato, con il sacello utilizzato come stanza di riposo. Attico, descrivendolo ombreggiato da platani e lambito dalle acque del Thyamis, ne parla nella sua corrispondenza a Cicerone, particolarmente desideroso di ricevere informazioni dettagliate sulla bellezza del luogo e sull’Amaltheion, poiché voleva realizzarne uno simile nella sua tenuta di Arpino. Uno studio recente ha proposto di identificare la residenza rurale di Attico con il complesso monumentale di Malathrea, località nella valle del Pavla. Si tratta di un impianto, di funzione residenziale e produttiva, risalente al III sec. a.C. e ampliato nel I sec. a.C. da Attico; poiché era ubicato in un luogo privo di difese naturali, per difendersi da possibili incursioni piratesche degli Illiri o da atti predatori, fu fortificato con un imponente muro di cinta e quattro torri.

Pianta generale del sito di Malathrea (da Bogdani 2012)

teatro

L’edificio è di tipo greco e quindi con la cavea addossata al pendio naturale e fu rinnovato solo in parte in età romana. Su uno dei gradini della cavea è incisa una dedica, purtroppo non leggibile a causa delle lacune, recante forse il nome del possessore del locus, il posto. E’ probabile che, contrariamente alla consuetudine, il teatro piuttosto che a Dioniso fosse dedicato a Esculapio, nume tutelare della città, al quale era dedicato un tempietto situato nei pressi del teatro.

dea di butrinto

Con questa espressione è stata a lungo denominata una testa di squisita fattura, erroneamente ritenuta femminile e invece raffigurante il dio Apollo in una iconografia del IV sec. a.C.;la testa era inserita su un corpo femminile panneggiato rinvenuto nei pressi, verosimilmente copia di un originale post fidiaco. Dopo la scoperta soltanto la testa venne portata in Italia dall’Ugolini, capo della spedizione archeologica, che la presentò come un dono a Mussolini dell’allora re Zog d’Albania. Venne esposta a Roma nel Museo delle Terme; a distanza di decenni, nel 1979 inizia la storia della sua restituzione, che si è conclusa con una cerimonia solenne avvenuta nel 1982 a Tirana, dove l’opera ha trovato un posto centrale nel Museo Nazionale .
La “dea di Butrinto” (foto Into Albania)

esculapio

Chiamato Asclepio dai Greci, è il dio della medicina. Secondo una versione del mito Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, fu allevato dal centauro Chirone che lo istruì nell’arte della medicina, facendone un maestro capace di ottenere guarigioni prodigiose. Zeus, temendo il suo potere di sottrarre gli uomini alla morte, lo fulminò; ma dopo la sua morte, su richiesta di Apollo, acconsentì a collocarlo in cielo tra le stelle: da allora comincio ad essere venerato come divinità. Secondo alcune tradizioni sarebbe nato a Epidauro. Quando Asclepio diventò una divinità panellenica, cioè dopo l’adozione del culto da parte di Atene nel 417 a.C., si affermò la consuetudine che ogni tempio dedicato al dio dovesse avere uno dei serpenti sacri conservati ad Epidauro. Il culto si diffuse rapidamente: principali centri di venerazione furono Epidauro, dove si sviluppò una fiorente scuola di medicina; Coos, che vide affermarsi più tardi la scuola del medico Ippocrate; infine Eleusi. A Roma il culto arrivò nel 293 a.C.: secondo il mito, fu lo stesso serpente sacro a scegliere il luogo dove erigere il tempio del dio, installandosi nell’Isola Tiberina. Nell’iconografia classica il dio è rappresentato con il cane e il serpente, che gli sono a fianco in tutte le rappresentazioni e che rimangono attraverso i secoli il simbolo della medicina, sintetizzata ancora oggi dalla verga intorno alla quale si attorciglia il serpente.

santuario di esculapio

Le indagini archeologiche hanno dimostrato che già a partire dal IV sec. a.C. si svolgevano nel santuario le pratiche rituali in onore del dio, che divenne il protettore della comunità locale. A partire dal III sec. a.C. fu realizzato un complesso sacro (Asklepieion) nel quale non soltanto si svolgevano i riti religiosi, ma venivano espletate anche attività amministrative. Comprendeva diversi edifici con funzioni diversificate connesse al culto, ed era completato da un teatro. Anche la nuova confederazione di Prasaiboi, appoggiata dai Romani, scelse di mettersi sotto la protezione del dio, tanto che sulle mura del teatro furono iscritti i suoi atti deliberativi. Asclepio era una divinità radicata nel territorio locale ma conosciuta anche a Roma, ove il culto era stato introdotto direttamente da Epidauro. In base ai testi si presume che nel santuario i sacerdoti di Asclepio assolvessero a compiti giuridici legati alla liberazione degli schiavi. Ovunque Asclepio/Esculapio raggiunse una grande popolarità in tutti gli strati sociali.

castello museo

Negli scavi sono state trovate pregevoli sculture di età classica soprattutto nell’area del teatro di cui ornavano la scena. Di particolare interesse sono la “Grande Ercolanese”, copia di accurata fattura del famoso tipo di figura femminile ammantata; due statue di guerrieri di età ellenistica, di cui una firmata dall’ateniese Sosikles, simili nell’atteggiamento alle figure dei Diadochi ellenistici, ma entrambe dotate di corazza; le teste-ritratto di Augusto e Agrippa. Di particolare valore è un rilievo attico del V sec. a.C. in marmo pario raffigurante una Nike alata e panneggiata che forse ornava l’Amaltheon di Attico
Museo