Non potevano mancare riferimenti ad Enea e alle vicende connesse alla narrazione virgiliana al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il MANN, con le sue numerose collezioni alimentate soprattutto dai ritrovamenti delle città sepolte dal Vesuvio, offre oltretutto uno spaccato cospicuo ed insostituibile della statuaria antica e della pittura parietale pompeiana.
Tralasciando le numerose erme e statuette votive dedicate a Venere, madre dell’eroe troiano, si segnalano le imponenti sculture in marmo, rappresentate in una interessante varietà tipologica: dall’Afrodite Frejus presente in repliche romane di originali greci di IV e V sec. a.C. provenienti da Pompei e Santa Maria Capua Vetere, alla Sosandra ritrovata a Baia e in un altro esemplare a Castellamare di Stabia, alle Afroditi pudiche di Pompei, Ercolano, Sinuessa, alla statua pompeiana copia di un originale greco di età ellenistica.
Tuttavia, il percorso eneadico è segnatamente significativo e suggestivo in particolare per gli affreschi: documento principe è l’Enea ferito, ritrovato nel triclinio della Casa di Publius Vedius Siricus a Pompei, recentemente restaurata nell’ambito del Grande Progetto Pompei e che ospita diversi calchi in gesso delle vittime dell’eruzione. In un’ampia sala a esedra erano posti i letti triclinari intorno ad un pavimento in lastre marmoree, cui facevano da contrappunto raffinati affreschi ispirati al ciclo troiano. La scena con Enea lo ritrae appoggiato all’adolescente Ascanio che piange asciugando le lacrime con un panno, mentre Iapyx, estrae dalla ferita del teucro la freccia, sotto lo sguardo vigile della madre Venere che regge delicatamente un velo sotto cui si intravede il suo diadema.
Un’altra pittura connessa alla narrazione virgiliana è quella proveniente, sempre da Pompei, dall’atrio della Casa di Meleagro, la Didone abbandonata. La regina di Cartagine, circondata da due accolite, piange seduta sul trono la partenza di Enea, evocato dalla nave che prende il largo dall’Africa, personificata da una donna, posta sulla destra dell’affresco con la spoglia di elefante sul capo.
Due affreschi descrivono l’entrata del Cavallo di Troia in città. In entrambi compare la folla di troiani festanti che favoriscono l’ingresso dell’esiziale macchina strategica, mentre una solitaria Cassandra, in disparte, marca il suo silenzioso dissenso.
Un’altra pittura è connessa alla vicenda del Palladio. L’affresco pompeiano si riferisce, difatti, al trafugamento della statua di Pallade da Troia: Ulisse con il pileo stringe la statua sottratta con l’aiuto di Diomede, nonostante l’opposizione di Cassandra. Non compare nella scena Enea che, in una variante del mito, riceverà da Diomede il prezioso simulacro in Campania, prima di portarlo nel Lazio, a protezione la futura Roma.
Maria Teresa Moccia Di Fraia